
La suocera e il suo ex marito entrarono nell’aula del tribunale con un’aria sicura di sé, convinti de poter confiscare l’appartamento della nuora. Ma appena il giudice scorse la giovane donna, i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa.
La suocera e il suo ex marito coltivavano da tempo la stessa ossessione: ottenere a qualunque costo l’appartamento della nuora. Lei aveva ereditato la casa dai genitori, e l’idea che “una ragazza che non è nemmeno del nostro sangue possa vivere comodamente” faceva impazzire la suocera.
Un giorno, l’ex marito, appoggiato allo stipite della porta, la fissò dall’alto verso il basso:
«Ascolta bene. Firma questi documenti come si deve», disse con voce calma ma minacciosa. «Ti darò dei soldi per affittare un appartamento.»
Dovresti capire ormai che questa casa appartiene a me e a mia madre.
Lei lo guardò con calma, anche se dentro tremava.
«No. Non firmerò niente.»
Lui fece una smorfia.
«Allora ci vedremo in tribunale.»
La suocera intervenne, con un sorriso velenoso, come se tutto fosse già deciso:
«In tribunale si sistemerà tutto. Non immagini nemmeno quali documenti abbiamo preparato.»
Per mesi avevano costruito la loro menzogna: falsificato ricevute, redatto false dichiarazioni di debito e persino tentato di imitare la sua firma. Credevano che fosse tutto perfetto; che bastasse presentare il fascicolo al giudice per ottenere immediatamente l’appartamento.
E poi arrivò il giorno dell’udienza.
La suocera e il suo ex marito entrarono nell’aula con passo trionfante. Ma appena il giudice vide la giovane donna, rimase immobile, tolse lentamente gli occhiali e mormorò:
«Oh mio Dio… sei tu.»
Un silenzio glaciale cadde nella sala.
La suocera aggrottò la fronte:
«Mi scusi… ci conosciamo?»
Ma il giudice fissava solo la ragazza, come se non credesse ai propri occhi.
Lei, leggermente imbarazzata, annuì piano:
«Sì… è passato molto tempo.»
La suocera balzò in piedi:
«E lei chi sarebbe per voi? Una parente?»
Il giudice sospirò e la sua voce divenne fredda, ufficiale:
«No. È la fidanzata di mio figlio. Quella stessa che vostro figlio ha tradito e abbandonato due anni fa, gettandola nella disperazione.»
La suocera impallidì. L’ex marito sobbalzò:
«C-che c’entra?! Questo non riguarda il caso!»
Il giudice si voltò bruscamente verso di lui:
«C’entra eccome. Conosco ogni dettaglio della vicenda.»
Bussò con la penna sul tavolo:
«E questo è un tentativo di sottrarre a una donna la sua abitazione. Avete in mano documenti falsi. So tutto.»
Raccolse un foglio caduto a terra: la firma falsificata era evidente.
«Credevate davvero che non me ne accorgessi?»
L’ex marito provò a protestare, ma il giudice lo zittì:
«L’udienza è conclusa. Gli atti verranno trasmessi alla procura.»
«Rischiate fino a cinque anni di carcere.»
La suocera rimase paralizzata, sconvolta; non immaginava che il mondo potesse essere così piccolo.
Si coprì il viso con le mani. Suo figlio si afflosciò sulla sedia, distrutto.
Il giudice, con tono più mite, disse alla giovane donna:
«Non cadrà mai più in trappole del genere. Mi assicurerò personalmente che venga lasciata in pace.»