
Oggi voglio soffermarmi su un fatto che meriterebbe molta più attenzione delle solite chiacchiere televisive. Mi riferisco a una frase pronunciata durante un’intervista a Belve, una di quelle affermazioni che sembrano banali, ma che in realtà aprono gli occhi su una situazione molto più seria di quanto pensiamo. Partiamo dal punto centrale. Nell’intervista è emersa una verità che mi ha davvero colpito. La protagonista ha lavorato per una vita intera, ha sempre pagato i contributi, ha seguito
le regole, ha fatto esattamente ciò che lo Stato si aspetta da un cittadino e nonostante tutto la sua pensione è di appena €900 al mese. Oggi è arrivata a 1000, ma non è certo una cifra che possa stravolgere la vita di qualcuno. Questo dato contrasta con l’immagine scintillante che spesso associamo al mondo dello spettacolo e allo stesso tempo mette a nudo una realtà che conosciamo fin troppo bene, anche se preferiamo ignorarla o far finta che non esista. In Italia puoi passare decenni a lavorare, puoi fare la tua parte fino in
fondo, puoi essere una persona corretta e rispettosa delle regole e alla fine ritrovarti con un assegno che non arriva neppure alla soglia del minimo indispensabile. Il nostro sistema previdenziale penalizza che ha carriere non lineari e discontinue. Chi vive anni di lavoro intenso alternati a periodi in cui le opportunità mancano, si ritrova alla fine con un risultato che non riflette minimamente l’impegno di una vita. E il fatto interessante è che durante l’intervista non c’è stato
nessun tono di lamento o autocommiserazione, solo una nuda constatazione dei fatti. Quella serenità nell’esporre un problema così grande rende l’affermazione una fotografia precisa delle difficoltà che tanti lavoratori affrontano da sempre. Contratti intermittenti, contributi che si accumolano a fatica, professioni che ti prosciugano in certi periodi e poi ti lasciano fermo quando il lavoro sparisce. Alla fine arriva una pensione che non rappresenta né il lavoro svolto né l’impegno messo in campo lungo tutta

una carriera. E sia chiaro, non è una situazione che riguarda solo gli artisti, è un problema strutturale radicato nel nostro paese e coinvolge una quantità enorme di categorie lavorative diverse. Pensateci un momento. Se una donna che ha attraversato 60 anni di musica, che ha fatto dischi e televisione, che ha lavorato in un settore apparentemente ricco e pieno di opportunità, arriva a prendere €1000 al mese, cosa può aspettarsi chi ha avuto lavori ancora più precari e frammentati nel tempo? Ed
eccoci alla protagonista di tutto questo. La persona di cui sto parlando è Orietta Berti. Durante l’intervista a Belve ha detto chiaramente di aver versato contributi per tutta la vita e di avere una pensione di €900. Ora è arrivata a 1000, ma la sostanza non cambia e il problema resta lì, evidente.